Il viaggio in treno da Reggio a Milano aveva riportato L. indietro nel tempo di tanti anni, allorché aveva lasciato il paese per iniziare il suo primo lavoro, la sua nuova vita. In seguito, quel percorso Reggio-Milano e viceversa l’avrebbe fatto centinaia di volte in autostrada, ma a quell’epoca non aveva l’auto che, per lo più, era un privilegio riservato a chi aveva potuto acquistarla con i risparmi di qualche anno di lavoro.
Guardava fuori dal finestrino con curiosità, cercando di capire cos’era cambiato nel paesaggio in tutto quel tempo; ma l’imbrunire precoce di una fredda e grigia giornata di gennaio non gli consentiva più di riconoscere i dettagli. Il treno ormai sfrecciava nel buio della campagna lombarda e L. smise di guardare fuori dal finestrino, immergendosi nella lettura di un libro. All’avvicinarsi a Milano riprese ad osservare il paesaggio via via che s’intensificavano le luci della notte: dove un tempo era la campagna, ora si susseguivano costruzioni in vetro e cemento, fabbriche e case e strade illuminate dai lampioni e percorse da auto.
Da Reggio a Milano quasi due ore, come allora …. almeno il tempo del percorso non era cambiato di molto. Ecco le arcate nere della stazione centrale. L. scese con la pesante valigia che conteneva gli effetti personali per restare poco più di un mese in Venezuela, oltre a qualche pezzo di formaggio Parmigiano da regalare agli amici di laggiù.
Milano, la città in cui aveva vissuto tanti anni, gli era ormai diventata estranea. Dovendo utilizzare i mezzi pubblici per raggiungere il luogo di destinazione, si sentiva quasi disorientato, come se si muovesse per la prima volta in una città sconosciuta. Eppure quante volte aveva percorso in auto quelle strade! Chiese dov’era la fermata del tram n° 2 e, raggiuntala, depositò la valigia sul marciapiede ed incominciò a guardarsi attorno. Apparentemente sul lato ovest della stazione sembrava che nulla fosse cambiato, gli stessi edifici di allora che nella notte apparivano più grigi: alberghi, palazzi per uffici….
Una strana sensazione lo prese, come se una vita intera trascorsa in quella città fosse stata di colpo cancellata. Si sentiva riportato agli inizi, a Milano per la prima volta, come se gli anni successivi non ci fossero mai stati. Guardava le finestre degli edifici con le luci accese. Immaginava gli interni fatti per lo più di uffici, ormai abbandonati dagli impiegati, dove le imprese di pulizia stavano terminando il loro lavoro. Qua e là solo qualche dirigente che si occupava di qualche pratica che è preferibile curare indisturbati quando la folla degli impiegati se n’è andata, o che semplicemente aveva scelto di privilegiare il lavoro alla famiglia …; qualche giovane rampante desideroso di far carriera che voleva farsi vedere dal capufficio a lavorare anche quando non ci sarebbe la necessità. La segretaria del direttore generale o del presidente della società, che aveva ormai dedicato la propria vita al capo, senza nessuna aspettativa se non la consapevolezza della propria efficienza.
Il tram tardava ad arrivare; passavano tanti altri numeri, ma il 2 non si vedeva. Strano …. In questa città normalmente prevale l’efficienza e la puntualità! Sul marciapiede aumenta la folla dei passeggeri che devono prendere lo stesso tram: ragazze filippine che tornano a casa dopo una giornata di lavoro, impiegate delle pulizie, in case private o uffici; un gruppo di giovani extracomunitari che parlano animatamente nella loro lingua, impiegati ed operai silenziosi. Un tempo, alle fermate dei tram, ci si imbatteva per lo più in milanesi e qualche immigrato dal sud giunto a Milano in cerca di lavoro.
Nonostante il panorama umano della strada fosse così diverso, L. non riusciva a staccarsi dai ricordi che le sensazioni provate entrando con la fantasia in quei palazzi, gli evocavano: quando giovane neolaureato si affacciava al mondo del lavoro proiettato in un futuro sconosciuto; quando la città gli prospettava una vita, dove l’incognita del domani diventava un motivo stimolante; quando si preoccupava dei nuovi rapporti umani, con le persone con cui avrebbe dovuto condividere, in un modo o nell’altro, parte della sua vita, quando vagheggiava una carriera e viaggi di lavoro in giro per il mondo … e proprio uno di questi viaggi lo avrebbe portato per un lungo periodo a risiedere in Venezuela, il paese in cui all’indomani sarebbe tornato per un periodo di vacanza.
Per un attimo immaginò di poter realmente tornare indietro negli anni, quasi a ricominciare la propria vita da capo. Ritornare all’età di 20-25 anni, ripercorrere la propria giovinezza, magari senza ripetere gli errori già commessi nel passato. Rifarsi una nuova carriera, più brillante, nell’inseguimento del successo … all’improvviso si sentì invadere da un senso di smarrimento e di angoscia. L’idea di ritornare al passato per ricominciare da capo lo spaventò. Fu in quel momento che si rese conto di non aver alcun rimpianto del passato, nemmeno della giovinezza. Il mattino può essere radioso, pieno di promesse per la giornata, ma quando si giunge all’ora del tramonto, non si ha più voglia di rivivere la giornata appena trascorsa. All’ora del tramonto la luce si affievolisce, i colori si addolciscono, il frastuono del giorno si attutisce e subentra una sensazione di pace e di serenità. E’ l’ora in cui s’ha voglia di riposare, di dedicarsi con maggiore cura alle persone che si amano, agli affetti, alla quiete, alla preghiera.
L. si rese conto che il passato ha un valore nel ricordo per ciò che di buono si è potuto fare. Crogiolarsi nel rimpianto di quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, rammaricarsi degli errori fatti e dei torti ricevuti, non serve che ad avvilire la nostra vita presente. Tanto vale cancellare tutto ciò che di negativo abbiamo avuto nel passato: i risentimenti, gli odi, i desideri di rivalsa per i torti subiti, i momenti di sconforto …. Come ad un risveglio improvviso, ritornò alla realtà del momento quando finalmente vide avvicinarsi il tram n° 2. Sarebbe stato più semplice prendere un taxi, ma l’idea del tram faceva parte di un rituale, liberamente scelto, per riassaporare più da vicino la vita della città e che appunto l’aveva riportato al lontano passato.
L’indomani mattina gli ospiti da cui si stava recando, lo avrebbero accompagnato alla stazione Nord, e di là un treno l’avrebbe condotto a Malpensa. Un volo di 10 ore e poi Caracas. Quel volo, via via che l’aereo, fra cielo e mare, si fosse avvicinato all’area tropicale, l’avrebbe di nuovo riportato indietro in un tempo meno remoto, ma sempre lontano; allorché viveva a Caracas e molto spesso doveva prendere l’aereo per viaggi di lavoro: da Buenos Aires a Bogotà, da Quito a Città del Messico, da Lima a Giamaica, Trinidad, Honduras …. Il mare dei Caraibi era sempre il punto di partenza e di arrivo.
I ricordi avrebbero continuato ad accavallarsi: aeroporti, città, aerei, gente incontrata, responsabili di ministeri e di compagnie con cui doveva avere contatti di lavoro. Di nuovo, quasi con un senso di sollievo, sarebbe ritornato al presente allorché, all’aeroporto di destinazione finale, avrebbe incontrato un amico ad attenderlo per accompagnarlo a casa. Il giorno seguente avrebbe assaporato il mare ed il caldo del tropico.
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